“That I would be good”. Il bisogno di fare delle promesse a se stesse.


Sono tre giorni che ho in mente una canzone di Alanis Morissette e non riesco a togliermela dalla testa, ma a pensarci bene forse non voglio che vada via.

That I would be good è del 1998. Una canzone lenta, una ballata in cui la sua voce potente parla a se stessa e si rassicura.

L’ho ascoltata in questi giorni quasi in loop e avvertivo sempre le stesse sensazioni: era come se mi stessi connettendo alla me dell’epoca, la me del 1998.

Ieri ho fatto delle promesse

Nel 1998 avevo trovato il mio primo lavoro, ero la coordinatrice della redazione multimediale di un progetto per l’Enciclopedia Treccani. Ero entusiasta di avere un lavoro stimolante e che univa la mia parte più intellettuale a quella più nerd visto che sono sempre stata appassionata di tecnologia. (Un grazie ufficiale a mio fratello che mi ha introdotta al mondo informatico e tecnologico).

Stavo conquistando la mia indipendenza seppure in un ambito diverso da quello in cui mi ero laureata, la Storia dell’Arte. Dal 1997 avevo trascorso un anno difficile: la morte di mio padre, la laurea e poi la difficoltà di trovare lavoro in case editrici, in società organizzatrici di mostre ed eventi culturali: un paradosso nel paese dell’arte. Mi frustravo per questo, pensavo fosse colpa mia: non ero abbastanza qualificata, esperta, e poi intelligente, furba, opportunista e via dicendo. Un anno in cui affrontai tante cose e mi sto rendendo conto ora, mentre scrivo, che quella ragazza minuta e piena di capelli dimostrò determinazione e forza di volontà, ma provava dentro di sé anche senso di insicurezza, fallimento e di abbandono.

La musica è sempre stata mia fedele compagna, alleata, amica e quell’anno ascoltavo, tra gli altri, l’intero cd di Alanis Morissette Supposed Former Infatuation Junkie e soprattutto That I would be good. L’ascoltavo e la cantavo a me stessa, mi dicevo che sarei stata brava anche se non avessi fatto nulla, anche se fossi diventata matta. Sarei andata bene anche se avessi perso la mia giovinezza o se non fossi più stata al centro dell’attenzione (parole della canzone). Insomma era quello che desideravo per me in quel momento , quello che promettevo a me stessa. Quella che sarei voluta diventare. Una sorta di mantra personale, come poi lo sono tutte quelle canzoni che fanno da colonna sonora ai nostri momenti bui, a quei giorni, settimane, mesi in cui ti scavi dentro per trovare una via d’uscita.

Oggi ho mantenuto le promesse

Oggi, 20 anni dopo, mi è ricapitato di cantare nuovamente queste parole, di trovarle di nuovo nella mia testa e nelle mie orecchie come un’eco del passato, come una fotografia di ciò che ero e sono stata, e la sensazione è diversa.

Sono diventata quella che volevo. Ho mantenuto le promesse a me stessa. Non è stato facile. Nulla è facile quando si parla di volersi bene e accettarsi, anzi è stato difficile ogni volta scendere dentro di sé, “mettere a posto qualcosa” e risalire. Ma oggi provo una grande tenerezza ascoltando questa canzone e anche molta soddisfazione.

Proprio in questo periodo ho delle clienti che stanno combattendo contro i loro fallimenti e hanno invece bisogno di vedere tutti i loro successi, e io le aiuto a promettersi that they would be good.

Testo della canzone

That I would be good even if I did nothing
That I would be good even if I got the thumbs down
That I would be good if I got and stayed sick
That I would be good even if I gained ten pounds
That I would be fine even if I went bankrupt
That I would be good if I lost my hair and my youth
That I would be great if I was no longer queen
That I would be grand if I was not all knowing
That I would be loved even when I numb myself
That I would be good even when I am overwhelmed
That I would be loved even when I was fuming
That I would be good even if I was clingy
That I would be good even if I lost sanity
That I would be good
Whether with or without you